SQUADRA E COMPASSO
(dal sito web del GOI)
Massoni celebri. Ottantacinque anni fa passava all’Oriente Eterno il grande Kipling
Il 18 gennaio di 85 anni fa moriva a Londra il fratello Joseph Rudyard Kipling, scrittore e poeta inglese, nato a Bombay (Mumbay) il 30 dicembre del 1865, Joseph “Rudyard” Kipling, (il secondo nome deriva dal lago Rudyard, nello Staffordshire, dove i suoi genitori inglesi si erano conosciuti e corteggiati), trai più noti autori di libri di avventura – molti dei quali di ambientazione indiana – in cui ha profuso talento narrativo e impegno politico-sociale.
Kipling raggiunse la notorietà con le poesie Barrack-room ballads (1892); seguirono i suoi capolavori: Il libro della giungla (1894), Il secondo libro della giungla (1895), Capitani coraggiosi (1897) e Kim (1901). Nel 1907 gli è stato conferito il premio Nobel per la letteratura.
Fece il suo ingresso in Massoneria nel 1886, nella Loggia Hope and Perseverance nr. 782 di Lahore, Punjab, (loggia che rese celebre con la poesia “Mother Lodge” apparsa in “The Seven Seas” nel 1896). Fu iniziato da un maestro venerabile indù, promosso compagno da un musulmano ed elevato al grado di maestro da un inglese, mentre il tegolatore era ebreo. Tutta l’opera di Kipling reca il segno della sua vocazione universalistica.
In seguito di affiliò alla Loggia Philantropy nr. 391 di Allahabad nel Bengala e quindi, stabilendosi in Inghilterra, fu fondatore delle logge Builders of the Silent Cities nr. 4948 e Author’s nr. 3456. Kipling, autore anche della celeberrima poesia If, scritta nel 1895 e dedicata al figlio John, tradotta in italiano da Gramsci nel 1916, e pubblicata sul quotidiano Avanti! con il titolo Se-breviario per laici, fu laureato Poeta dalla antichissima Loggia Canongate Kilwinning di Edimburgo che nel 1787 aveva attribuito lo stesso onore al poeta scozzese Robert Burns, anch’egli massone.
Ecco la sua poesia più massonica: Loggia Madre.
C’erano Rundle, il capo stazione, / E Beazeley, delle Ferrovie, / E Ackman dell’Intendenza, / E Donkin delle Prigioni, / E Blake il sergente istruttore, / Per due volte fu il nostro Venerabile / Con quello che aveva il negozio «Europa», / Il vecchio Framjee Eduljee. / Fuori – «Sergente, Signore, Saluto, Salaam» / Dentro, «Fratello», e non c’era nulla di male. / Ci incontravamo sulla Livella e ci separavamo sulla Squadra, / Ed io ero Secondo Diacono nella mia Loggia Madre laggiù! / Avevamo Bola Nath il contabile / E Saul, l’israelita di Aden, / E Din Mohammed disegnatore al Catasto, / C’erano Babu Chuckerbutty, / E Amir Singh, il Sikh, / E Castro delle officine di riparazione, / Il Cattolico Romano! / Non avevamo belle insegne, / E il nostro Tempio era vecchio e spoglio, / Ma conoscevamo gli antichi Landmarks, / E li osservavamo per filo e per segno. / E guardando tutto ciò all’indietro, / Mi colpisce questo fatto, / Che non esiste qualcosa come un infedele, / Eccetto, forse, noi stessi. / Poiché ogni mese, finiti i Lavori, / Ci sedevamo tutti e fumavamo, / (Non osavamo fare banchetti / Per non violare la casta di un Fratello), / E si parlava, uno dopo l’altro, / Di Religione e di altre cose, / Ognuno rifacendosi al Dio che meglio conosceva. / L’uno dopo l’altro si parlava, / E non un solo Fratello si agitava, / Fino a che il mattino svegliava i pappagalli, / E quell’altro uccello vaneggiante; / Si diceva che ciò era curioso, / E si rincasava per dormire, / Con Maometto, Dio e Shiva / Che facevano il cambio della guardia nelle nostre teste. / Sovente, al servizio del Governo, / Questi passi erranti hanno visitato / E recato saluti fraterni / A Logge d’oriente e d’occidente, / Secondo l’ordine ricevuto, / Da Kohat a Singapore, / Ma come vorrei rivedere / Ancora una volta quelli della mia Loggia Madre! / Vorrei potere rivederli, / I miei Fratelli neri e scuri, / Tra l’odore piacevole dei sigari di là, / Mentre ci si passa l’appiccicafuoco; / E con il vecchio khansamah che russa / Sul pavimento della dispensa, / Ah! essere Maestro Massone di buona fama / Nella mia Loggia Madre, ancora una volta! / Fuori – «Sergente, Signore, Saluto, Salaam» / Dentro, «Fratello», e non c’era nulla di male. / Ci incontravamo sulla Livella e ci separavamo sulla Squadra, / Ed io ero Secondo Diacono nella mia Loggia Madre laggiù!