IL CAPODANNO CELTICO E’ ARRIVATO; UN NUOVO CICLO STA COMINCIANDO
IL DILEMMA DELL’ETERNO RITORNO O DELL’ETERNA PROGRESSIONE
UN SOLSTIZIO PERSONALE
Dario Seglie
Tutti gli uomini e le donne vorrebbero poter guardare lo scorrere della vita come si guarda un film sullo schermo; il cambiamento di scena, di tempo e di spazio danno allo spettatore un potere che costituisce una parte del fascino della cinematografia: lo spettatore si sente “fuori”, è come un demiurgo che resta fermo mentre tutto cambia. Ma fuori dal buio metafisico della sala di proiezione, l’umanità ripiomba nella vita che scorre, che cambia, che muta microsecondo per microsecondo. L’attuale nostra cultura e civiltà è ormai persuasa di percorrere una via rettilinea, in qualche caso definita progresso, che sposta l’esperienza alle nostre spalle, in una sorta di lago del tempo nel quale tutto viene inghiottito, dagli eventi storici a quelli personali della microstoria di ognuno e di tutti. Ma quale è allora il senso delle stagioni, dei mesi, del succedersi degli anni ? La azioni rituali che ci coinvolgono, anche inconsciamente, ripetitive, come i compleanni e principalmente i capodanni, ci fanno tornare ad epoche remote, quando il tempo non si rappresentava con una linea retta tra due assi cartesiani, ma con una ruota che, come un fiabesco carillon, riporta “a nuovo” ogni giro che finisce e che ricomincia.
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Il braccio del suonatore di organetto è stanco di far girare la manovella, il disco perforato è fermo, la musica è cessata, la scimmietta non balla più.
Questa scena rappresenta la vita, ma anche il ritmo degli eventi. I Celti, oltre due millenni or sono, in queste stesse nostre contrade alpine, nella notte tra il 31 di Ottobre il 1° di Novembre celebravano il Capodanno (Samhain), con feste notturne caratterizzate da grandi fuochi attorno ai quali la gente ballava, cantava, mangiava e beveva. La luce dei fuochi era indispensabile perché in quella notte, proprio quando un ciclo annuale finiva e ne incominciava un altro, le forze del Caos potevano squarciare il tempo dell’Ordine e quindi irrompere nel mondo dei vivi mescolandovi anche i morti. Questa irruzione andava contrastata con appositi rituali, con barriere di fuoco e di fiori, come i girasoli apotropaici messi a guardia sui frontoni delle case, con colori chiari dipinti sugli architravi per impedire il prevalere delle forze delle tenebre. Col sorgere del sole e con l’inizio del nuovo anno, il ciclo riprendeva il suo cammino normale. Si ristabiliva l’Ordine ed il Caos era nuovamente allontanato dalla vita degli uomini: Ordo ab Chao, come recitano le antiche formule.
Ma vi è un altro Capodanno che si avvicina, quello che celebreremo a due mesi da oggi, subito dopo Natale. Ma anche qui attingiamo a ritmi stagionali antichissimi, questa volta legati al Sole, l’astro che dà vita e calore, il corpo celeste che ogni giorno nasce e muore, in una infinita ciclicità. Ma è proprio a Natale che pareva agli antichi, grandi osservatori del cielo, che il Sole stesse perdendo luce e calore e che le tenebre sopravanzassero. Il Sole è al punto più basso nei cieli di Mezzogiorno: è il giorno più corto dell’anno, la notte più lunga ! Allora occorrono riti, preghiere, invocazioni, sacrifici, offerte affinché il Dio Sole risorga e torni a dominare e sorreggere la vita degli uomini.
Siamo giunti al Solstizio d’Inverno, al punto del ciclo cosmico dove il Dio rinasce, per i popoli dell’emisfero settentrionale; è il Natale di Mitra, di Gesù. E’ festa, l’augurio del buon Anno Nuovo è sottolineato dallo scambio di doni che, anche se non giungono dall’ estremo Oriente a dorso di cammello e simbolicamente ricchissimi, ma sono più prosaicamente recapitati da un express courier, da un postino, da un commesso di vineria o di libreria, fanno ugualmente il miracolo: ci fanno capire che il ciclo riparte, che la vita non si sviluppa secondo una traiettoria rettilinea, ma secondo una successione di eventi che eternamente ritornano, descrivendo non una circonferenza bensì una spirale, dove ad ogni giro si percorrono tempi e spazi mai percorsi prima.
Il nostro ciclo personale, anche se oggi la biochimica ed altre tecnologie ci consentono di percorrere un po’ più di strada, è pur sempre un attimo nell’immensità del tempo universale. Ed allora concediamoci il lusso di una pausa, un Solstizio personale, per riflettere sui valori autentici che possono portare un piccolo ma indispensabile contributo alla costruzione del futuro, di un futuro fondato sulla pace e sulla tolleranza, dono di Buone Feste per noi, ma soprattutto per i nostri figli e per i figli dei nostri figli. E per i figli delle case accanto, bianchi, gialli, rossi e neri.
Le ricorrenze dei Santi e dei Morti, collocate all’inizio di un nuovo ciclo agrario con San Martino di Tours che taglia il mantello, cioè separa l’anno vecchio da quello nuovo, ci connettono alle epoche passate per guardare al futuro.
Blue skies for our children and for our children’s children.
Dario Seglie
1° Novembre 2020
21 Dicembre 2020